IL VALORE DI UN CENTENARIO
Il 2 luglio sono iniziate a Paola le celebrazioni per il V Centenario della morte di S. Francesco di Paola (Paola 27 marzo 1416- Tours 2 aprile 1507), fondatore dell’Ordine dei Minimi, Patrono della gente di mare italiana e Patrono della Calabria. Le celebrazioni si protrarranno fino al 2 aprile 2008.
L’Ordine dei Minimi si è preparato da alcuni anni a questo avvenimento, cercando di non ridurre l’avvenimento ad un fatto solo celebrativo, ma cercando di recuperare i valori che soggiacciono alla figura, all’azione, al messaggio di S. Francesco.
Ci chiediamo quali possano essere questi valori per il momento storico e culturale che attraversiamo, all’interno dei quali collocare il senso di questa rievocazione.
S. Francesco di Paola è universalmente noto come il Santo della penitenza e il calendario liturgico romano lo definisce eremita. Due connotazioni che racchiudono il senso della sua vita e missione.
Come eremita egli ha affermato il valore del primato di Dio, vissuto attraverso una scelta di vita molto sobria, distaccata dal mondo, aperta alla vita contemplativa, alimentata dalla preghiera “pura e assidua”. Pura perché non disturbata da nessuna cosa che potesse impedirla e, perciò, una preghiera conquistata con uno sforzo di liberazione veramente notevole, secondo i canoni classici della vita eremitica. Assidua, non perché continuata nel tempo, ma nel senso che l’unione con Dio era diventata elemento determinante della sua vita, al punto che quanti lo conobbero poterono rilevare che Francesco “o pregava o dava l’impressione dell’orante”.
Come penitente egli ha incarnato e proposto a tutti l’istanza radicale e fondamentale del vangelo, dalla quale è partita la predicazione di Gesù: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”. La penitenza ha significato per la sua vita e la sua azione pastorale lo sforzo di liberazione da ogni impedimento egoistico e mondano per raggiungere la libertà di accettare Dio e la sua legge e di servire la causa dei fratelli e del bene comune, a qualunque livello esso potesse presentarsi.
Questi due elementi non lo hanno estraniato dal mondo e reso insensibile ai problemi della società. Sappiamo quanto egli abbia inciso nelle vicende sociali e politiche del tempo. Molto opportunamente i vescovi italiani, qualche anno fa, lo hanno definito il “penitente dalla carità sociale”.
Con queste caratteristiche, eremita e penitente, egli ha contribuito alla riforma della Chiesa, inserendosi in quel filone di riforma cattolica pretridentina, che ha visto soprattutto nei movimenti di osservanza la sua espressione più evidente e più concreta nel vasto quadro dei tentativi riformatori del secolo XV. S. Francesco di Paola ha assorbito l’atmosfera spirituale che si respirava all’interno di questi movimenti e l’ha trasmessa negli interventi che ha fatto a favore di una riforma che partisse dal cuore dell’uomo, prima ancora di guardare alle strutture o alle forme esteriori di vita. Una riforma senza clamori esteriori, senza toni polemici, senza accuse insidiose verso la gerarchia. E’ questo il tocco peculiare che ha contraddistinto S. Francesco di Paola, a differenza di altri suoi contemporanei, come ad esempio il Savonarola.
Se vogliamo sintetizzare in una formula semplice la via indicata da S. Francesco di Paola per prospettare il cambiamento delle forme e stili di vita, essa la troviamo nella consapevolezza del cambiamento del cuore dell’uomo. Le situazioni che ha dovuto affrontare, sia a livello sociale che politico, erano di una gravità enorme; ebbene, egli non è sceso nelle piazze a gridare contro il malcostume imperante, ma si è rivolto direttamente alle persone, con le quali si poneva a confronto con la stessa fermezza e misericordia del Signore, esortandole a vivere nel timore di Dio, a ritornare all’osservanza dei suoi comandamenti, a praticare la giustizia, a restituire quanto era stato ingiustamente tolto. E ciò lo ha fatto con tutti, senza distinzione di persone: con Luigi XI e con l’uomo qualunque che gli portò in regalo frutta rubata; con il Papa e l’umile parroco di Paola: tutti ha richiamato al proprio dovere. E’ sintomatico il fatto che nelle deposizioni processuali ritorni a più riprese la testimonianza che egli esortava le persone alla conversione del cuore.
Su questo suo invito dominava l’annuncio della misericordia di Dio, che invita l’uomo a ravvedersi e l’attende senza mai stancarsi: “Convertitevi perché Dio vi aspetta a braccia aperte”. In questa espressione, e in altre simili, sembra leggere l’accorato appello di S. Paolo: “Vi supplichiamo, in nome di Dio, lasciatevi riconciliare con Cristo”.
La celebrazione del V Centenario della morte di S. Francesco ripropone il problema sempre attuale della “Ecclesia semper reformanda”. Di fronte ad esso possiamo essere anche noi tentati, come in altri momenti della storia della Chiesa, di invocare cambiamenti di strutture, pensando ad una riforma che possa essere garantita con facilità dall’alto. Ma non è così. Il Vangelo ci è stato annunziato e proposto anzitutto come appello alla coscienza, dai cui comportamenti rinnovati possono derivare anche i cambiamenti delle strutture e dei modi di vivere associati. Avendo dinanzi a sé il progetto della salvezza di tutti gli uomini, Gesù non ha iniziato la sua predicazione a Roma, capitale del mondo politico del tempo, né a Gerusalemme, centro religioso degli Ebrei, ma presso un lago con poveri pescatori, ai quali non ha prospettato il rovesciamento del regime oppressivo dei Romani o l’ipocrisia di una religiosità ormai solamente formale, ma la semplice conversione del cuore, garantendo che da essa sarebbe scaturita la realizzazione del regno di Dio: “Convertitevi perché il regno di Dio è vicino”. Prima ancora della predicazione di Gesù, anche quella di Giovanni Battista, inviato a “preparare la via del Signore”, aveva avuto il suo punto di forza nell’appello al rinnovamento personale.
L’annuncio della penitenza cristiana è tutto qui. E nei momenti decisivi della storia, la Chiesa, sentendo forte l’urgenza di cambiamenti, è sempre ricorsa a tale richiamo per scuotere l’animo dei suoi figli e farli ripartire con la forza della parola trasformatrice del Vangelo.
L’attualità del messaggio di S. Francesco di Paola la ritroviamo nell’annuncio della conversione del cuore dell’uomo. Egli ha speso la vita ritornando continuamente su tale annuncio, dal quale sarebbe scaturito il bene della Chiesa.
Egli fu paragonato dai suoi contemporanei a S. Giovanni Battista. Alla base di questo paragone non c’era solo il rigore delle penitenze esteriori, ma la speranza di cambiamenti radicali, che tutti aspettavano con l’arrivo di una figura profetica che, come il Battista, avrebbe dovuto riproporre le istanze di quella conversione, che preparò la venuta del Signore. La letteratura apocalittica del tempo è piena di riferimenti di tal genere.
La conversione del cuore non era per S. Francesco un’operazione spirituale superficiale di semplice riconoscimento di una colpa, che nulla decide e dispone per una svolta futura di vita. Purtroppo, nella nostra esperienza cristiana, siamo abituati un po’ tutti a questo tipo di pentimento superficiale. Essa, invece, veniva pensata come cambiamento radicale di prospettiva, secondo quei principi, da lui posti a base della vita: il primato di Dio e la libertà nei confronti dei beni di questo mondo. Ci sono alcune sue espressioni, che illuminano molto bene il modo di concepire la conversione. Ad esempio: “Vivete in modo tale che la temporalità non prevalga sulla spiritualità”; “tenete il cuore in alto e non cercate le vanità della terra”; “consideratevi stranieri e pellegrini in questo mondo a servizio del Signore”. E tantissime altre. La conversione vera porta ad una vita impostata in modo tale che il primato di Dio sia decisivo nelle scelte da compiersi.
Questo significa dare alla vita un senso religioso, pur rispettando l’autonomia delle realtà terrene. In questa linea si è sviluppato il contributo dato da S. Francesco alla storia del suo tempo. Sappiamo che egli fu protagonista di primo piano nelle vicende sociali e politiche, non solo del regno di Napoli, ma nel contesto più largo del rapporto fra gli stati europei del tempo. E il suo modo di essere presente fu quello, appunto, di richiamare la necessità di fondare in Dio il pensiero, i giudizi morali, i comportamenti. Le decisioni pratiche in campo sociale, politico ed economico dovevano scaturire dal ritrovato rapporto con Dio da parte dell’uomo, soprattutto da parte di chi aveva responsabilità di governo e decideva delle condizioni di vita degli altri.
Oggi si ripropongono gli stessi problemi, naturalmente con modi e forme diverse rispetto al passato. Il grande impegno della Chiesa è quello di ripresentare all’uomo la necessità di rapportarsi a Dio per trovare nella comunione con lui i valori che possano dare senso alla vita e soddisfare il bisogno di pienezza che alberga nel cuore dell’uomo.
S. Francesco di Paola, restituito alla sua vera ed autentica dimensione dai moderni studi storici e teologici, è una di quella figure che può essere richiamata per dare sostegno a tale impegno della Chiesa, soprattutto in quegli ambienti e settori umani ed ecclesiali ove persiste un legame forte con lui, che si tramanda da secoli, di generazione in generazione, ma che forse oggi ha perso il legame con quei valori che costituivano invece l’essenza delle sue scelte e del suo messaggio e che, come tali, hanno la forza di aiutare ad affrontare i nostri problemi.
I Minimi vogliono celebrare il V Centenario del loro Fondatore nella prospettiva di rivalorizzazione del suo messaggio. Le iniziative intraprese, pertanto, non si fermeranno solo alla fase celebrativa, ma sono orientate soprattutto a favorire la riscoperta di S. Francesco ad ogni livello, sia scientifico, con diversi convegni di studio, sia popolare con molto materiale divulgativo per consentire ai numerosi fedeli un approccio nuovo con il “Santo penitente dalla carità sociale”.
P. Giuseppe Fiorini Morosini
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